L’importanza del time sheet nella gestione dello studio professionale spiegata agli scettici.

In tutte le mie visite agli studi legali, quando discutiamo sul tema della gestione, faccio sempre la stessa domanda, che è la seguente: utilizzate il “time sheet”?

Nella maggior parte delle occasioni ricevo risposte negative, fondamentalmente in ragione di due tipi di motivazione.

Più di frequente mi si risponde che non la si fa affatto.  Le ragioni variano dalla difficoltà convincere gli avvocati che collaborano nello studio e/o i partners circa l’opportunità di regolamentare il lavoro in questo modo, oppure, peggio ancora, si ritiene che il time sheet non sia per nulla necessario.

Il secondo ragionamento che in genere sento fare, anche se più di rado, è che questa modalità di controllo di gestione funziona per gli incarichi gestiti secondo una tariffa oraria pre-concordata, ma non per quelli assunti con altro tipo di accordo (fisso, percentuale, ecc.) e l’argomento principalmente utilizzato è che, se non si caricano le ore-lavoro, non è necessario controllare il tempo trascorso sulla pratica.

Grande errore!

Dal mio punto di vista, questo modo di pensare è storicamente dovuto al fatto che la voce “spese legali” ha sempre permesso agli studi professionali un margine abbondante di risultato in termini di profitto, rendendo detto controllo di fatto inutile, in quanto – fino a qualche anno fa – non necessario attirare o fidelizzare la clientela.

Dopo la crisi globale del 2008, aggravata dalle varie vicende interne dei diversi paesi negli ultimi anni, la crescente richiesta di contenimento dei prezzi e l’aumento della competitività invece sono cresciuti esponenzialmente in tutti i mercati, compreso quello dei servizi legali, anche se gran parte del settore sembra non esserne ancora del tutto consapevole o, sbagliando, sembra non volerne tener conto.

A questo mutamento di sistema va aggiunto che i programmi di fatturazione elettronica (Serengetti, Tymetrix, ecc.) imposti agli uffici nelle aziende internazionali, hanno ben presto consentito di effettuare statistiche comparative interne per valutare i vari fornitori di servizi in termini di costi/efficienza, così da poter scegliere fra quelli più competitivi.

Quanto appena esposto ci indica cosa è cambiato rispetto anche solo ad una decina di anni fa: il mercato attuale esige  fornitori di servizi agili, di qualità e, soprattutto, competitivi.

Come diventare quindi più produttivo, gestire al meglio il team di lavoro e più correttamente il proprio budget, con un basso tasso di errore, avendo più controllo sulla redditività dell’offerta? Si può essere, secondo voi, efficienti ed avere buoni margini di utile se non si sa che cosa stanno effettivamente facendo i propri collaboratori e partners di studio?

Come ho evidenziato nel mio libro “La Governance Strategica degli Studi Legali “, nel capitolo dedicato all’analisi, la tempestiva e corretta preparazione del time sheet in tutto lo studio, trasversalmente, rende possibile l’impiego di vari strumenti di gestione in più di un ambito.

Andando nel concreto, posso senza dubbio affermare che una puntuale compilazione del time scheet si può trasformare:

1 – In uno strumento che coadiuva la gestione del team per valutare:

– la prestazione / efficienza quando si confrontano i tempi spesi in ciascuna attività e il tempo normalmente previsto per incarico rispetto ai vari tipi di professionista

– il confronto tra i tempi marcati e gli obiettivi stabiliti o raggiunti

– la coerenza tra il tipo di mandato e l’esperienza (anzianità) del professionista

– la distribuzione dei compiti alla luce dell’anzianità del professionista

– la migliore gestione del team al fine di ridurre al minimo i tempi di inattività.

2 – In uno strumento di monitoraggio per la gestione dei clienti:

– quali sono i lavori in fase di preparazione per ogni area di attività o cliente

– quali professionisti sono coinvolti e con quali ruoli

– quale è l’evoluzione del lavoro rispetto agli incarichi acquisiti

– quali sono le previsioni di completamento o i passaggi/fasi attraverso cui vengono espletati gli incarichi.

3 – In uno strumento di controllo e pianificazione dei costi per valutare:

– gli importi spesi in termini di costi orari dei professionisti rispetto agli importi addebitati (principalmente in caso di pagamento fisso)

– quale dovrebbe essere la migliore distribuzione dei gruppi di lavoro allocando professionisti coerenti con la complessità e i valori addebitati.

4 – In uno strumento di supporto per la preventivazione:

– individuare e valutare i precedenti, verificando gli importi ricevuti, i costi generati, il team coinvolto e principalmente i risultati ottenuti.

5 – In uno strumento di orientamento per valutazione di :

– prestazioni / efficienza per gruppo di lavoro, settore, area, sede

– redditività se associata ai controlli finanziari e allo stanziamento di costi (investimenti).

A fronte di questa elencazione , mi auguro chiarificatrice, l’unica eccezione, a mio parere, può valere solo per quegli studi che smaltiscono grandi volumi di attività pressochè burocratica e ripetitiva,  connessa al cosiddetto contenzioso di massa, contesto in cui forse si può anche prescindere dalla prassi del time sheet, poichè la prevedibilità dei costi e la quasi certezza delle incombenze da espletare rendono ultronea una capillare supervisione dell’attività attraverso i vari parametri sopra menzionati (gestione del team, clienti, pianificazione, preventivi, ecc.).

In queste realtà professionali, le attività vengono solitamente distribuite secondo compiti specifici in modo che ogni avvocato si occupi di una determinata parte del processo (intendendo qui per processo una parte del “flusso” di lavoro). In questo ambito sono gli stessi sistemi di automazione, oggi già disponibili sul mercato, a disporre di algoritmi capaci di controllare la produttività per ciascuna parte del flusso, rendendo così superfluo che il professionista monitorizzi il proprio lavoro con un controllo ulteriore (la scheda attività / time sheet appunto).

La considerazione più importante da trarre rispetto a tutto quanto argomentato, dunque, è la seguente: i professionisti chiamati a dirigere uno studio legale non possono più limitarsi a “fare gli avvocati” (acquisire clienti e scrivere atti, secondo la visione più tradizionale della professione), ma sono tenuti anche a “tenere sotto controllo” la gestione del proprio business!

La revisione consapevole e dettagliata del time sheet consente, a chi deve occuparsi di gestione, non solo di eliminare i tempi improduttivi, ma anche di valutare l’impatto delle decisioni “aziendali” (offerte, promozioni, presentazioni ecc.) sulla produzione e sul budget previsto rispetto al proprio servizio e al mercato.

La corretta revisione dei risultati dell’attività espletata poi (dei partner o dei coordinatori nelle strutture più grandi) è fondamentale, perché permette di ottenere ed estrarre, con un corretto impiego di questa prassi di lavoro, numeri assai affidabili che potranno fornire un corretto orientamento o supporto nelle decisioni operative e strategiche in uno studio di qualunque dimensione. Il mio consiglio è quindi quello di affinare quanto prima anche alcune competenze manageriali, partendo proprio dalla valutazione dei risultati raggiunti sia in termini di fatturato che di performance, dedicando il tempo necessario proprio all’analisi dei dai che emergono dalle rendicontazioni del tempo impiegato per la gestione degli incarichi.

José Paulo Graciotti è un consulente, autore del libro “Strategic Governance for Law Firms”, (tradotto in diverse lingue e disponibile anche nell’edizione italiana dal titolo “La Governance Strategica degli Studi Legali” curata da FGA, Studio Ferraro Giove e Associati, Cedam), membro di GRACIOTTI Assessoria Empresarial, membro di ILTA – International Legal Technology Association e ALA – Association of Legal Administrators. Da oltre 30 anni opera nel mondo dei servizi legali, sia come fondatore che con incarichi di alto livello dirigenziale – www.graciotti.com.br

 

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